Lanciata la campagna "Libera la Domenica"

Lanciata la campagna "Libera la Domenica"

E' stata avviata ufficialmente, presso la sede Confesercenti Nazionale, in via Nazionale 60, a Roma, la campagna ‘Libera la Domenica’ promossa da Confesercenti con Federstrade ed il sostegno della Cei, per la raccolta delle firme necessarie ad una legge di iniziativa popolare che riconduca alla Regioni la potestà di disciplinare le aperture domenicali, limitando gli eccessi introdotti dalla liberalizzazione e garantendo la giusta concorrenza.
Un impegno - spiega il presidente di Confesercenti Marco Venturi - "il cui obiettivo non è quello di vietare aperture festive e domenicali, ma di renderle compatibili con effettive esigenze imprenditori e consumatori, ripristinando competenze, materia di orari, alle Regioni".
"La libertà non serve senza la verità", ha sottolineato l'Arcivescovo Giancarlo Maria Bregantini. Nel corso della conferenza stampa è intervenuta anche Mina Giannandrea (presidente Federstrade) portando le numerose testimonianze di imprenditori e lavoratori favorevoli alla iniziativa.

L’iniziativa è finalizzata alla raccolta di firme per presentare in PARLAMENTO una proposta di legge di iniziativa popolare (che non decade a fine legislatura ma viene automaticamente ripresentata nella nuova). Si tratta di una proposta di legge che non vuole vietare le domeniche aperte ma punta a ripristinare le competenze delle Regioni in modo tale da rendere le aperture meglio compatibili con le esigenze degli imprenditori, dei loro lavoratori e delle famiglie.
Un’iniziativa condivisa anche da importanti Regioni, come Veneto, Toscana, Piemonte ed Emilia Romagna.

Commercio, nei prossimi cinque anni 81mila chiusure
Con l’attuale normativa, con gli effetti della crisi e con il mancato ricambio generazionale nei prossimi 5 anni ci saranno 81 mila esercizi commerciali in meno, con la conseguente perdita di 202 mila posti di lavoro. In particolare il saldo negativo brucerà quasi 16 mila negozi di abbigliamento, più di 5000 negozi di calzature, quasi 7000 negozi di mobili ed elettrodomestici, circa 1500 panetterie, oltre 2000 negozi di fiori e così via.

Gli effetti della crisi
La crisi nel 2012 continua a produrre effetti molto pesanti:
- Consumi delle famiglie: -2,2% (ma beni durevoli -8,1%, beni non durevoli -2,6%)
- Vendite del commercio al dettaglio piccole superfici gennaio-agosto: -2,7% (al netto inflazione -4,6%)
- Natimortalità commercio nei primi nove mesi del 2012: -3068 imprese
- Natimortalità imprese commercio al dettaglio dal 2008: -85000 imprese.

Dati che fanno temere la progressiva desertificazione delle città italiane, nelle quali si sta assistendo alla scomparsa dei servizi commerciali di vicinato, rendendole più vuote meno sicure.

Ad esempio Bolzano, Torino e Trento sono le città con meno esercizi commerciali di frutta e verdura in rapporto alla popolazione: all’incirca uno per 10 mila abitanti. Catanzaro, Trieste ed Aosta sono i fanalini di coda nella vendita di giocattoli con un meno di un negozio per 10 mila abitanti.

Viceversa, per le stesse tipologie, Genova, Cagliari, Napoli guidano la testa della classifica ma con 10, 7,5 e 6,3 negozi di frutta e verdura per 10 mila abitanti, mentre i negozi di fiori più numerosi rispetto allo stesso numero di persone si trovano a Campobasso, Aosta, Perugia ma ben sotto la soglia di 5 negozi. Ed ancora: ad Enna, fra gli esercizi registrati, sono rimasti 3 negozi di frutta e verdura, ad Oristano 4, 6 a Sondrio, Pistoia e Belluno. A Bolzano aprono la serranda ogni giorno solo 4 negozi di carni, 6 a Lodi, 7 a Belluno, 8 a Sondrio. Pane: 2 soli negozi a Sondrio, 2 Frosinone, 3 ad Ascoli Piceno, Verbano, Isernia e Campobasso, Oristano.

Del resto in Europa le normative presentano limitazioni ben precise: in Germania le domeniche di apertura nell’anno sono 10, così come in Francia, mentre in Olanda e in Spagna si arriva ad un massimo di 12.

Visita il sito ufficiale della campagna.

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